sabato 16 dicembre 2017

La suddivisione del pollo

Quando uno pensa al destino non si può trascendere da tutti i vari pezzi di puzzle che la vita ci mette davanti per interpretarlo ed uno dei più importanti è il puzzle del pollo. Tanto importante da studiarne un teorema.
Nella mia famiglia la gallina in brodo è un must have che preclude a giornate di inverno, raffreddori, cene affettuose, madonne perché ci si scotta la bocca o sacramenti perché si sporca la tovaglia.
In gergo più international, si può definire “confortable food”.
Quando siamo a cena dalla mia Cracco-mamma e questa ci sforna questo popò di pentola tegumentaria, con le dimensioni di un silos, abbiamo già la mente che pregusta il dorato liquido ambrosio e le dita che spolpano una tenera carne con l’eterno dilemma : “ma la pelle la mangio o no?”
Dunque, regola imparata dalla nonna: se il pollo è casalingo, si mangia tutto, se è da supermercato, no!
Questo rituale evoca un susseguirsi di azioni già scritte, già consolidate, un po’ come le donne in tanga che accompagnano i calendari delle ditte di gomme per moto.
Si inizia con il primo piatto di lasagne in brodo, uguale per tutti, seguito da un bis che cambia formazione in base ai commensali.
Per mio padre, mia madre e me il secondo piatto di lasagne diventa il “surbì”, ossia minestra con poco brodo e un mezzo bicchiere di vino versato sopra; ma pure il vino, come la gallina, deve essere rigorosamente nostrano.
Per le mie figlie è senza brodo, solo pasta.
Per mia sorella diventa più difficoltoso perché lei ha questa mania di mangiare sempre e dico sempre con la forchetta. Alle volte un piatto di brodo le dura una settimana, come se lo consumasse all’aperto sotto la pioggia.
C’è chi lo vuole con carriole di formaggio, chi rigorosamente senza.
Per me è semplice: primo piatto con formaggio filante e secondo senza, il vino con il filo non mi piace.
Poi arriva lei, la regina del cortile, la povera gallina.
Ultimamente ho sviluppato una mia opinione, data da anni di militanza femminista.
Mi spiace mangiare la gallina, amo gli animali, purtroppo però la gola è più forte, ma se nella pentola trovo un gallo, esulto come un lemure davanti ad un banchetto vegano.
Avete mai osservato un pollaio?
Quelle povere galline spelacchiate e ridotte male?
Ecco, è colpa dello stronzo del gallo che le violenta tutte indistintamente.
‘sto stronzo!
Gli farei vedere io.
Sarebbe un’ottima causa per organizzare una raccolta fondi telethon : “Salviamo la gallina, castrazione chimica per il gallo!”.
Comunque, tornado a piè pari alla nostra cena, alla seconda portata per la precisione, senza farlo apposta, ognuno ha la sua preferenza e queste non potevano essere più perfette, nemmeno se fossero state studiate a tavolino.
Mia madre deposita il vassoio fumante con i vari pezzi e ognuno va alla ricerca del proprio tesoro.
Mio padre ha il piscù (la parte finale della schiena o culo che dir si voglia) e la testa, mia madre un’ala, io zampe e collo, le mie figlie si dividono ala e coscia.
Mio marito è più sul tirigno e mangia il petto, bianco e stopposo, mia sorella invece si tuffa su fegato, cuore e uova non ancora “uscite”, anche a se ho notato che questa predilezione si sta spargendo anche ad altri membri, tanto che si è reso necessario per gustare il pezzettino prescelto, alzarsi da tavola e prenotarlo prima ancora che arrivi in scena.
Quando qualcosa va storto, un pezzo mancante, o una gallina a metà, si resta sempre con un po’ di amaro in bocca, tipo quando mangi l’insalata di riso e pensi di mordere un quadratino di wurstel, invece è una carota.
Ovviamente qualunque ospite davanti a questo accordo si sentirebbe spaesato perché a lui resterebbe ben poco ed anche se un animale viene sacrificato per questo nostro banchetto, affronto il rituale come un predatore che ringrazia la sua vittima al momento di attaccare la giugulare.
E quando ti fermi a pensare e vedi che tutti i vari pezzettini del puzzle vanno al loro posto, capisci che ti trovi al posto giusto e nel momento giusto.

I 5 Tibetani



Io sono il cimitero dei buoni propositi, li secco tutti a distanza anche di poche ore.
Diciamo che la costanza sta a me come la pelle vellutata alle tartarughe ninja.
L'ultimo in ordine cronologico  si può chiamare "I cinque tibetani".
In poche parole esistono questi 5 semplici esercizi che se ripetuti diverse volte al giorno, promettono di farti guarire da ogni cosa e si inverte il processo di invecchiamento, tanto che si diventa dei novelli casi di Benjamin Button, ritrovandosi a 80 anni, con fisico e mente di un trentenne.

Ho letto il libro, mi sono lasciata convincere!
Mi sono detta, ok, risolviamo il problema dei capelli bianchi, dell'herpes, dei cuscinetti, della casa in disordine, dei pochi soldi in banca, della perdita dei peli dai miei cani, ecc...

Mi sono preparata un bel foglio riassuntivo e schematizzato, da consultare e studiare al momento; ho fatto ricerche approfondite in merito, ho preparato un angolo della casa dove poter eseguire il miracolo, con tappeto in tessuto naturale, candele profumate, oro, incenso e birra, ho messo la luce soffusa e mi sono detta: "Vai, pampurumpirum parimpampù, pimpuru pampurù, parimpampù"

Mi sentivo troppo Creamy, la famosa cantante manga dei miei anni '80...

Il primo sembra essere il più versatile, quello che già da solo può non dico farti passare le emorroidi, ma ti fa cadere sicuramente quel punto nero fastidioso che abbiamo nell'orecchio e se eseguito in modo un po' veloce, toglie anche la polvere dai comodini.
Risultati immagini per i cinque tibetani primo

In piedi, braccia aperte, si inizia a girare su se stessi, da sinistra a destra.

Metto musica tantra in sottofondo, mi sistemo, schiarisco la voce, faccio un bel respiro e inizio a volteggiare come fossi una farfalla.
E uno, e due e tre e quatttro...arrivo a nove.
La sensazione mentre giro è davvero strana ma piacevole, fino a quando...mortacci loro e i tibetani...ci si ferma.
Sono stata assalita da una nausea incredibile, la testa sembrava quella di Doreamon con l'elica in testa; mi sono catapultata sul letto, aspettando che tutto passasse.

Mi sono alzata, ho spento la candela, ho riposto il tappeto in fibra naturale, ho bevuto la birra e ho deciso di lasciare i tibetani fuori da casa mia: mi tengo polvere e capelli bianchi, al massimo chiedo alle mie due amiche Moldave di passare per la polvere.

giovedì 21 settembre 2017

Il mio dottore

Ieri, 20 settembre 2017, abbiamo dato l’ultimo saluto al nostro dottore, quello dell’infanzia, quando non c’erano specialisti, pediatri (anche se lui già lo era), allergologi o escapologi.
Si andava da lui per tutto.

È stato il dottore dei miei nonni, dei miei genitori ed il mio.

Mio padre racconta sempre un episodio.
Lui giovincello e nel pieno delle forze, dopo una qualche vittoria della locale squadra calcistica, era andato a festeggiare insieme ai compagni e nella combriccola c'era anche il dottore.
Una volta rientrato a casa è stato male da quanto aveva bevuto.
Parliamo di uomo quindi con i sintomi un po’ ingigantiti.
Presumo non abbia invocato la madre per le ultime volontà  primo perché non aveva il telefono e secondo perché lei era già al suo fianco.
Sua mamma, mia nonna, un po’ in ansia, chiama il dottore perché
“Il mio Tonino non sta bene, è pallido ed è a letto che non riesce ad alzarsi”.

Vi ricordo che al tempo non c’era google da consultare, purtroppo!

Nel mentre che il dottore raggiunge la casa, mia nonna prepara una bevanda calda da somministrare al figlio, come da convenzione sociale che ancora oggi ci trasciniamo.

Sei triste?
Ti faccio un the
Hai mal di pancia?
Ti faccio un the
Hai la febbre?
Ti faccio un the
Hai problemi d’amore?
Ti faccio un the…
E no, lì ci vuole cioccolato, a chili!!

Il dottore arriva, osserva il paziente, afferra la tazza e trangugia senza pensarci la tisana che mia nonna aveva appoggiato sul comodino per il figlio e soddisfatto con fare professionale comunica: “Ha bevuto, è solo ubriaco” e se ne ritorna alla festa.

Mi ricordo che quando si era a scuola, si partiva tutti in fila indiana, due a due e mano nella mano, con la maestra in testa e si andava nel suo ambulatorio per le vaccinazioni.
Al nostro arrivo però non c'era uno stuolo di mamme in protesta con striscioni NO vax o SI vax ad accoglierci.
Noi venivamo tutti allineati a chiappe scoperte e trik trak il dottore ci bucava tutti, uno per uno in sequenza.
Ho sempre odiato gli aghi e una volta per iniettare tutta la siringa la maestra ha dovuto immobilizzarmi perché il buon dottore per ben due volte lanciava la siringa e io allontanavo la chiappa.

Una cosa però mi è sempre rimasta stampata in mente, come un ricordo indelebile.
Ogni tanto penso a come mai alcune cose restino lì abbarbicate al cervello e sporadicamente balzino fuori così chiare e limpide che ti sembra di riviverle nello stesso preciso momento; cose anche di scarsa importanza, ma che non si fa la minima fatica a ricordare.

Era una normale sera ed io ero a tavola con i miei genitori, in quelle serate che ricordi sempre silenziose. Facevo la cretina con la sedia…e cosa mai avrei potuto fare…e mi dondolavo sulle gambe posteriori  stando attaccata con le braccia al tavolo.
Ste infami di gambe si sono andate ad incastrare nelle fughe del pavimento e io sono caduta all’indietro.
Oltre il danno la beffa: alle spalle avevo la stufa e mi sono sbragata un po’ la testa. Qui non ricordo bene l’entità, ma credo che ai giorni nostri saremmo corsi al pronto soccorso con un eliambulanza e come minimo avrei fatto un’antitetanica, punti di sutura e i miei sarebbero stati convocati dagli assistenti sociali per incuria di minori.

Nei primi anni ’80 invece la procedura era diversa.

Dopo aver preso una sequenza di insulti da mia mamma e mio padre aver verificato l’entità del danno che avevo procurato alla stufa, perché si sa, la testa si ripara ma la stufa no, siamo andati a casa del Dottore, nonostante l’ora.
Ricordo che nell’ambulatorio mi ha pulito il taglio, messo un cerotto e raccomandato con il suo vocione: “Da domani tieni al caldo la testa con una cuffia”.
Mi sentivo ridicola con la cuffia di lana in testa il giorno dopo quando ero a scuola, avrei preferito mostrare fieramente la mia ferita, ma il Dottore aveva parlato.

Ieri durante la funzione mi sono guardata in giro e mi sono ritrovata bambina.

Facevo parte della generazione che “Fino alla cresima si va a messa tutte le domeniche!!”, quindi di tempo tra le mura della chiesa ne ho passato parecchio.
In chiesa mi sentivo come se indugiassi in un dormiveglia, cullata dalla consapevolezza del calore del letto. Una tregua prima di ritornare a vivere.

Contavo gli archi, le decorazioni, le pecore disegnate sul soffitto, il numero di panche e tutto quello che era possibile per ingannare il tempo dell’omelia, ma soprattutto combinavo guai con la cera.
Perché ancora non c’era la 626, in seguito 81, legge sulla sicurezza e le candele ce le avevamo di cera vera e facevano vero fuoco.
Si accendevano, si spegnevano, ci ricoprivamo i polpastrelli di cera, si modellavano, fino a quando Don Vittorio non ci sgridava e per un buon quarto d’ora si rimaneva composti e affranti.

Ora il tutto è stato sostituito da un marchingegno più tecnologico dove infili la finta candela, premi un pulsante e si accende il finto fuoco.
Addirittura nella teca dietro non c’è più la statua, ma un pompiere che in pianta stabile dimora lì dentro, dovesse crearsi un cortocircuito, ma è travestito da San Giorgio (sapete quello che ha sconfitto il drago?) così da passare inosservato.

mercoledì 13 settembre 2017

La serata perfetta

Sabato è stata la serata perfetta, quella che quando ormai vecchia e con la dentiera, racconterò alle mie coetanee, rollando una canna e gustando un tè. Perché una volta che ho cresciuto le figlie, aiutato con i nipoti e pagato qualche debito, vorrei lasciare questo mondo ridendo a crepapelle.

Il pomeriggio ero impegnata in una festa come truccabimbi e per la cena mio marito aveva chiesto pizza, ma non una qualunque, aveva espresso chiaramente la sua preferenza:
"Amò, me fai la tua pizza?".

Fortunatamente la figlia piccola mi ha aiutata, così mentre io lavoravo lei ha preparato l'impasto e l'ha messo a lievitare.

Torno a casa sotto la pioggia, il cielo è minaccioso e scuro, l'aria fresca e umida e noi facciamo la pizza. Il quadro è commovente.

Dovete sapere che al Fra non piace ungersi le mani con oli, creme o lozioni, ma io mi diverto molto quando lui si lamenta, così ho trovato le giuste scuse:

"Fra, sono un po' stanca..."

"Fra, la Sole non lo può fare perché ha le mani troppo calde"

E Noemi?

"Non pervenuta"

"No Fra, i cani lascerebbero quel pelo fastidioso che poi si aggrappa in gola"

Fatto sta che ha dovuto desistere e accettare l'ingrato compito : si mette in postazione davanti alla teglia con piedi divaricati e ben distanti, spalle tese, braccia a 90°, irrigidisce le mani e i polsi, tira i nervi del collo e...a guardarlo bene sembrerebbe in uno di quei gabbiotti del tiro a segno, pronto per sparare, invece si sta solo preparando a stendere una pizza e manifesta più volte il suo disprezzo per l'olio.

Inizia a picchiettare solo i polpastrelli sulla pasta, forse crede di suonare un piano molliccio e lo fa con un ritmo convulsivo e costante.

Notavo che la scena necessitava di un imprevisto per movimentarla un po' così gli dico che deve usare tutta la mano e per far quello deve ungersi ben bene anche in mezzo alle dita. Lo vedo irrigidirsi ancora di più, ma piano piano inizia a cedere all'ebrezza. Tra una presa per il culo e un insulto giungiamo al termine della missione e riusciamo finalmente ad infornare le pizze.

La prima è quelle del papà, non per una qualche forma di arcaico rispetto e reverenza ancestrale, ma soltanto perché lui con la scusa di assaggiare, mangerebbe mezza pizza di ogni commensale. Così, visto la potenza dei forni casalinghi, mentre lui è al caffè, noi donne stiamo soffiando ancora sulla nostra cena.

Le figlie finiscono di mangiare e si mettono sul divano, pronte per guardarsi un film.

La scena è quasi commovente:

Noemi sul lato sinistro e con il cellulare in mano, ogni tanto lancia uno sguardo agghiacciante al film, tanto che se io fossi stata l'attrice avrei messo un golfino; si lamenta del rumore che facciamo e spara commenti negativi verso la pellicola.

Mariasole sul lato destro e con il cellulare in mano, ogni tanto lancia uno sguardo distratto al film, tanto che se io fossi stata l'attrice avrei fermato e fatto un fischio di richiamo; si lamenta del rumore che facciamo e spara insulti verso la sorella.

Contemporaneamente mio marito ed io finiamo di sparecchiare, riordinare, chiudere casa, fumare una sigaretta e quando faccio per accomodarmi sul divano, chiedo ad entrambe di spegnere il telefono.

Tempo 5 minuti e iniziano:

"Mamma, domani mattina alle 8.00 vado a cavallo, se piove mi dovete accompagnare, se nevica, chiamo il nonno con le chiodate, poi mi dovete venire a prendere e ricordate che devo comprare paraglomi, la martingala profilata, il frontalino silver plate, la cavezza techno gold, stinchiere e paranocche."

Poi attacca l'altra: "bhe scusate, allora anche a me servirebbero le Freeflow Pullbuoy, le pinne powerfin, la kickboard, la flex paddles e un costume da gara"

Qui interviene il padre:

" Ragazzì!! Drogarvi come tutti gli altri giovani no eh!?!?"

La grande lo insulta, si alza, ci bacia e se ne va nella sua camera; la piccola finisce il film, insulta il regista per il finale e si va a lavare.

Questa è vita pura.

Ci soffermiamo ancora un po' sul divano, per quella che per noi è una coccola: lo stare coricati in pace, anche solo per mezz'ora. E non importa se nel frattempo io inizio a russare, lui a cambiare canale con una ripresa da 0 a 100 da far invidia all'ultimo modello di Ferrari e la  cagnona coricata ai nostri piedi che lancia peti da impestare tutta l'aria.
Alla fine, mano nella mano ci appropinquiamo alla nostra alcova, io tiro da una parte perché devo fare pipì, lui tira dall'altra perché vuole bere un bicchiere d'acqua, così onde evitare litigi per la dominanza ci separiamo.
Coricati a letto lui mi abbraccia da dietro, ma giusto per 30 secondi perché poi dice che gli si addormenta il braccio e mi sussurra all'orecchio, solo dopo aver sputacchiato da parte i miei capelli che gli andavano in bocca: "Amo, er nutrizionista m'ha detto che dovresti cucinarmi gli hamburger de ceci, so un concentrato de proteine".

Vita pura.

martedì 12 settembre 2017

10 Regole per infilare il piumino nel sacco.

COME INFILARE IL PIUMINO NEL SACCO,10 REGOLE:

1)      Passare la settimana precedente a visionare i video su youtube che spiegano in modo semplice e chiaro la veloce pratica e per sicurezza leggere “La guida della perfetta casalinga” e appuntare a margine le informazioni più utili. Al momento sistemare il sacco sul letto matrimoniale, stendendo bene ogni piega e tirando perfettamente gli angoli all’esterno. Aprire bene la parte finale per agevolare l’entrata del piumino.
2)      Chiedere in prestito una scala da un muratore per raggiungere le zone alte dell’armadio e prendere il piumino riposto nel sacco di plastica, diligentemente protetto per superare incolume la stagione estiva. Appuntarsi di togliere la polvere alla prima occasione e prendere un antistaminico.
3)      Fasciare in modo stretto la caviglia dopo il volo da due metri fatto mancando un gradino della suddetta scala e passare uno straccio sulla scia di sangue che avete lasciato. Nel frattempo chiamare il dottore e chiedere se per un taglio di 3 cm servono i punti o basta disinfettare bene.
4)      Visto che ci sono soltanto “due donne al mondo che riescono a guardarsi negli occhi, pensando che l’altra sia la più bella del mondo: una mamma e una figlia”, chiedere aiuto ad una delle tue e se non bastasse lo sguardo dolce,  obbligarla a salire al tuo posto minacciandola verbalmente. Raccogliere i cocci del lampadario che la suddetta figlia ha accidentalmente disintegrato scagliandogli contro il piumino per dimostrare la sua contrarietà allo svolgimento del compito e mandare un messaggio al marito ricordandogli di comprare una nuova lampadina.
5)      Lanciare improperi alla figlia prescelta visto che appena scesa dalla scala si è rintanata in camera davanti al computer e per assicurarsi di non essere disturbata ha sprangato la porta della camera dall’interno con chiodi e filo spinato. Contemporaneamente rispondere al citofono perché la Digos è venuta ad informarsi come mai da uno dei nostri terminali si è scaricato “10 modi di costruire una bomba”… “NOEMIIIIII!!!!” (ricordarsi di cercare un avvocato).
6)      Togliere il gatto del vicino che durante il trambusto si è andato a rintanare dentro al sacco posto sul letto; chiamare un carpentiere per aggiustare la zanzariera che ha scardinato per entrare e medicare il graffio sul naso del cane.
7)      Visto la sudata, alleggerire il vestiario e indossare la cuffia di plastica che si usa in doccia per non rovinare la piega fatta ieri.
8)      Iniziare ad arrotolare il piumino e cercare di srotolarlo all’interno del sacco. Cambiare scarpe perché il girare intorno al letto vi ha fatto venire le piaghe ai piedi. Afferrare con una mano un angolo, con l’altra il secondo, con la bocca il terzo e con le chiappe del sedere ben tese il quarto.
9)      Chiamare il marito per chiedere se nella polizza assicurativa della casa è previsto il rimborso per l’operazione necessaria per ricucire l’incisivo che nel tirare è rimasto incastrato alla cucitura del sacco.
10)   Usare “La guida della perfetta casalinga” per accendere il camino, scrivere alla Bassetti, pretendere la clausola Soddisfatti o rimborsati ed andare ad acquistare una trapunta.

venerdì 8 settembre 2017

Violenza

"I kill you"

Frase che lacera l’orecchio.
Appiccicose mani su pelle sudata; fracasso di urla e gemiti nel cervello e nel cuore.
Come ferro incandescente in mezzo alle gambe.
Siete ferri fatiscenti.

Urla strozzate, disgusto nella mente, pianti rotti in gola.
Una musica in lontananza, ubriaca.
Litania incessante e mormorata, tonfi sordi di calci e pugni; il puzzo ferisce il naso e il mare lambisce i piedi.

Corpi immondi oscillanti davanti agli occhi, come in un incubo, incapace di urlare e correre.
Suono di sbattere di denti e suppliche.
Carnaio macilento di grumi umani.

Negli occhi lacrime, sabbia e stelle.
Si tratta di allungare l’esistenza, di aggrapparsi a quel cielo nero,
urlare a quella luna sanguinante sopra di te e sperare di non morire.

"I kill you"

Respirare abbastanza per non soffocare
Respirare abbastanza per non pensare
Respirare per resistere e non affogare.
Aria lurida, pregna di fetore; liquame dal vostro corpo

"I Kill you"

Vomito di sabbia e acqua salata, il sale brucia le ferite.
Le mani annaspano, graffiano e pregano.
Il cuore squarciato rimbomba dentro al petto; il battito strappa le vene del collo.
Siete liquame e carcasse.

Tenebre
Nulla

Domani un bambino giocherà su questa sabbia
E costruirà un castello di fiabe sul mio orrore.

Non dimenticare.
Impossibile dimenticare

You didn’t kill me





mercoledì 6 settembre 2017

Dirty Dancing e i pruriti

Risultato immagine per dirty dancing  lisa

Sapete quando viene il momento di fare il famoso discorsetto alle figlie? Quello sui pruriti, non intimi, ma ormonali?
Quello di un gradino superiore rispetto al primo, lasciando perdere semini e piantine?
Qualcosa che abbia un pizzico di femminismo e il giusto grado di moralismo?

I dubbi si moltiplicano perché c'è sempre la paura di essere troppo rigide o troppo lascive con tutte le conseguenze che ne derivano.
Perché si sa, benché i tempi si dicano moderni, c'è ancora quella falla nell'educazione sessuale generata dal genere, e con falla non intendo certo il femminile di fallo.

Più volte ho sentito complimenti o battute fatti da neo genitori alle dimensioni del pisellino del maschietto appena nato, ma mai e poi mai ho sentito mamme e soprattutto papà dire della loro neonata: "ha una bernarda larga così!".

Sta male, c'è qualcosa che stona e ce ne rendiamo conto e tutto questo non fa che aggravare il difficile compito educativo.
Allora, fate come me, lasciate perdere ogni forma di proselitismo e teoria freudiana, non prendete in considerazioni religioni esoteriche con tutti gli adepti al seguito, non inerpicatevi su strade sconnesse e poco trafficate, affidatevi a Dirty Dancing.

Non c'è femmina che io conosca che non si sia sparata questo film almeno una dozzina di volte e ogni volta l'emozione è sempre la stessa.
Tutte primo o poi ci siamo immaginate avvinghiate a Patrick, con la mano sul cuore per sentire il ritmo del mambo o a fare scalinate come Baby, su e giù per un gradino per millanta volte.
Quanto ci è piaciuto baloccarci con l'idea di essere ballerine provette, solo per il fatto di indossare una gonna a ruota.
Quando lo trasmettono parte il tam tam mediatico: "Su canale 5 fanno Dirty Dancing" e spem, l'audience impenna!!

Oltre al piacere della visione, questa pellicola ci delizia con una nascosta e indispensabile lezione di vita.

Ma iniziamo dal principio, il titolo, Balli Proibiti: qui c'è già un chiaro riferimento a quello che andrà a fare la protagonista, qualcosa che le è stato proibito fino a quel momento.

Baby arriva in questo villaggio vacanze, una sorta di purgatorio dove il colore più acceso sembra essere quello dell'impermeabile del Tenente Colombo e soprattutto zero pruriti in previsione, causa l'età media degli ospiti; infatti viene condotta là ogni anno dai genitori con la speranza di farne una frigida e ricca politica ( Le aspettative...)

Poi però arriva lui, Johnny, per gli amici Minkia Johnny, con un chiaro riferimento ad una precisa parte anatomica del suo corpo, e Johnny sa ballare e come se sa ballare (metafora...).

Lo mettono lì sul palco a farsi ammirare, come a dire: guardare e non toccare è una regola da imparare.

Ma Johnny ad una certa scende dal palco e ci fa salire Baby (metafora...).
Lui è tutto il contrario di quello che i genitori hanno sempre sperato per la loro piccola : povero in canna, ma bello da far schifo, uno che urla sesso da ogni poro, tanto che anche la madre lo guarda con occhio sornione.

La protagonista all'inizio del film viene avvicinata dal nipote del proprietario, ricco da far schifo anche lui, ma sfigato all'inverosimile e i genitori la spingono tra le braccia di questo ameba, tanto lo sanno che con lui non corrono il rischio che la figlia diventi una moderna Lady Godiva e tutto procede secondo i piani parentali: barattare la virtù della figlia per un bene economico maggiore.
Alla fin fine ci hanno sempre insegnato a temere una sana e consapevole libidine, per dirla in stile Fornaciari e in seguito a tramandarla oralmente...

Prendiamo anche in considerazione la figura dei genitori nel film: il padre, superficiale e con la vitalità di Maurizio Costanzo, la madre, inesistente, un'ombra non ben identificata, tipo Flavia Vento sotto vetro.
Senza parlare di Lisa, la sorella frivola e ignorante che vuole spedire in Africa gli avanzi di cibo.
Diciamocela però com'è, tutte prima o poi ci siamo sentite come Lisa quando canta alla festa di fine estate in costume hawaiano: fighe da paura, invece eravamo delle sfigate inclassificabili.

C'è un momento in cui Minkia Jonny prova un approccio con il padre di lei per farsi accettare, ma tesoro mio, ti presenti alla sua porta tutto borchiato e ricoperto di pelle nera, quanto di più deleterio per l'immagine di un padre. Riporta a bordelli, sadomaso, sesso occasionale e poi il padre è pure un dottore, sa cosa questo possa comportare in fatto di malattie veneree.
E qui noi mamme ci identifichiamo, perché siamo anche un po' dottori (l'ho sparata alla Carboni).

Anche il cameriere, Robbie, sa che deve mascherare il suo essere lupo e lo fa con un neutralissimo cardigan color pelle, così da passare inosservato.
Però Baby è più sveglia dei genitori e non cade nel tranello del lupo, lei è cresciuta a favole e libri di diritto e sa che non c'è da fidarsi.

Veniamo però al fulcro della nostra lezione, l'apice del film, quando c'è la ribellione al padre, con la tanto famosa e ripetuta frase :

"Nessuno può mettere Baby in un angolo".
(la ribellione...)

Qui ci sono secoli di manuali filosofici, antropologici, guide fai da te e manuali per i genitori. La figlia finalmente taglia il cordone ombelicale e inizia a volare, infatti lei per la prima volta riesce a compiere la tanto attesa mossa dell'angelo sulle braccia di lui (ricordate che siamo in campo metaforico, ma qui, piuttosto che metà forico, mi pare...ma lasciamo perdere).

Anche la madre, quasi non pervenuta per tutto il film alla fine si riprende e pure lei viene rapita dalla bellissima e nuova coppia che si esibisce sul palco tanto da resuscitare il morto del marito e iniziare una timida e speranzosa danza.

Questo sta a dimostrare che anche noi vecchietti possiamo trarre giovamento dai giovani, essere spronati a non arrenderci e a tenere alta la nostra bandiera!

Capisco inoltre di essere invecchiata perché per la prima volta ho guardato il film con gli occhi dei genitori e non della ragazza e mi sono chiesta cosa avremmo fatto io e mio marito al loro posto.
Non so con precisione, ma sicuramente mio marito non sarebbe stato in veranda a rimuginare, ma al ristorante a gridare al cameriere Robbie : "Ar mio segnale, scongelate l'agnellooooo!!!" 

La conclusione della pellicola è come una grande orgia dove ricchi e plebei copulano finalmente felici insieme e lì sta l'apoteosi del film, quasi l'illuminazione :
"Fatelo con chi volete, basta che vi faccia essere felici".

Concludendo, se alla fine di questa intensa lezione di vita, alle vostre figlie restasse ancora qualche dubbio sul da farsi, consiglio vivamente la lettura del libro: "Va dove ti porta la vagina".

lunedì 4 settembre 2017

Padre e figlia


Stamattina ho capito l'immensità del bene di un padre verso la figlia.

Erano le 5.30 e a casa c'era già fermento: una figlia era sveglia per andare a vedere una gara di cavallo e uno era sveglio per andare a correre (scusate, ma per la privacy non posso dire il nome dell'uno e dell'altra... )

Bhe, torniamo a noi, anzi a me, visto che quella svegliata ero io...

Il caldo era insopportabile, perfino i cani non avevano voce neanche per abbaiare, ma solo poca saliva giusto p
er ansimare un po'.

Cercavamo spiragli di ossigeno tentando di ricreare in casa il microclima adatto per un tornado in formato famiglia, ma purtroppo abbiamo scoperto che benché tutte le finestre fossero spalancate, l'unica cosa che si formava poteva avere la forza di una scoreggia non proprio di un tornado.


Orsù, sto tergiversando, ma la breve introduzione serve per calarci nel momento.


Caldo, sudore, umidità, mancanza d'aria, eppure, ad una certa, il papà sopra menzionato se ne esce con :


"Amò, ma un giacchetto non lo prendi? E se piove?"

Mi sono commossa, non perché hai sguazzato nel sudore tutta notte, lasciando dietro di te scie che farebbero invidia alla più tirosa delle lumache, ma perché l'amore di un padre verso la figlia è qualcosa di trascendentale, esula dal momento fisico, tende all'infinito e quasi sicuramente ci arriva. 💕